lunedì 13 ottobre 2008

Recensione - Il papà di Giovanna


(Ovvero Perché Silvio Orlando fa l'attore e non il professore?)

Partiamo dal presupposto che ho immensa stima di Silvio Orlando come attore, e che da il meglio di sé quando intepreta la parte del professore. Come dimenticarlo in parti come Auguri professore, Il portaborse, oppure La scuola? Quella sua fisicità goffa, approssimativa, sormontata da un faccione espressivo e comico è un chiaro marchio di fabbrica.
Partiamo dal presupposto che per scrivere Alba Rohrwacher ho cercato la scheda del film e ho fatto copia&incolla del suo nome e che in Mio fratello è figlio unico mi è piaciuta assai, ma che pure in questo film intepreta una bella parte e che raggiunge esattamente l'intento a cui ci guida il regista: alla simpatia immediata e di conseguenza alla solidarizzazione.
Ok, detto questo, aggiungo solo che Francesca Neri me la sogno la notte, ma non scendo in particolari con voi...

Nessuno qui, tra chi scrive e chi legge, è un esperto di recensioni cinematografiche. Siam tutti appassionati, stiamo lì lì a spaccare il capello in 4 alla ricerca del virtuosismo per descrivere questa o quella scena. Ma non è questo il posto giusto per giudicare un film, quanto piuttosto descriverlo per quello che è: intrattenimento allo stato puro. E l'intrattenimeto piace, o non piace.
A me personalmente il film è piaciuto. Non assai. Non me lo rivedrei dopodomani, ma è stato comunque un film godibilissimo pieno di momenti in cui mi son lasciato coinvolgere dalla storia, nonostante le molte pecche (per chi è interessato dirò quali). Ho persino accettato con un vago senso di ottimismo il finale a cui ci ha portato per mano Pupi Avati, che dopo averla menata, in passato, che Bologna non è più la città di una volta per girare i suoi film ecco propinarcene un altro ambientato in questa città.
E in effetti poi si scopre che a parte qualche esterno in Via San Vitale, la maggior parte delle riprese sono state girate a Cinecittà a Roma e che alcune viste (quelle su Bologna e su Torino) sono frutto del Digitale (falso come una banconota da 14 euro).
Tutto sommato, è un film che non passerà alla storia. Ma ormai ho accettato con rassegnazione il fatto che non ci sono più filmoni italiani, quelli belli per cui vale la pena appassionarsi facendo dei confronti col cinema estero.
E a sto punto parliamo pure un po' del degrado di sto cazzo di cinema italiano che nel cast deve per forza metterci attori come Ezio Greggio, noto sul grande schermo per le sue incredibili interpretazioni in Yuppies e Yuppies 2, Il silenzio dei prosciutti (di cui è anche regista), Anni 90, Occhio Alla Perestrojka; e di quell'altra... come si chiama... Serena Grandi: come non poter citare Saint Tropez Saint Tropez, Monella e qualche altra zozzeria che non ho voglia di rammentare.
Come dare credibilità al Cinema Itagliano?

Beh... non c'è altro da aggiungere, secondo me.

2 commenti:

Pel(l)acani ha detto...

La butto un po' sul piano alto, dato che il film non l'ho visto e forse non lo vedro'.
Con la fine delle grandi correnti cinematografiche negli anni settanta (per alcuni anche prima), il cinema italiano si e' buttato, un po' per predisposizione antropologica, direbbe Brera, un po' per carenza di mezzi, sul genere intimista-minimalista (con sprazzi di documentarismo che in questo periodo riscuotono successi).
Questo ha di fatto reso impossibile una diffusione su scala mondiale delle nostre pellicole, troppo legate al "qui e ora" per poter essere comprese all'estero.
E quindi? Boh, pero' credo che piu' che un problema di credibilita' sia un problema di rappresentativita'.

OsteLinus ha detto...

beh... mario, bisogna pure riconoscere che in Italia ci sono registi che "osano" ad andare un po' oltre l'itaglianità (a volte osando bene, a volte osando male) come Salvatores.

Ma quando in una stagione cinematografica escono pellicole che dentro il titolo c'hanno solo la parola Amore (l'amore ritorna, l'amore ai tempi del colera, parlami d'amore...)... ma di cosa stiamo parlando?